Negli ultimi anni, la Spagna ha visto trionfare i suoi atleti a livelli e in discipline in cui mai, nella storia dello sport, si era visto un iberico sul gradino più alto del podio. Dal basket alla formula uno, dall'atletica al calcio, sembra che l'ascesa dello sport spagnolo sia inarrestabile: l'inizio della serie vincente si può far risalire ai tempi di Indurain, che nel ciclismo si impose come nessun altro, vincendo per 5 anni di fila il Tour de France (dal 1991 al 1995), per la prima volta nell'albo della prestigiosa competizione. Proprio il ciclismo, peraltro, è sempre al centro del ciclone a causa dei continui casi di doping che si registrano in giro per il mondo. Figura emblematica ed al tempo stesso enigmatica è il medico sportivo spagnolo Eufemiano Fuentes, cui si imputa l'utilizzo sconsiderato di pratiche dopanti; se il calcio sembrava essere immune da queste pesanti accuse, è proprio di questi giorni la notizia dei sospetti sull'uso di sostanze dopanti da parte dei giocatori di ben determinati club della Liga e della Nazionale iberica di calcio.
La radio madrilena "Cadena cope" e molti quotidiani sportivi nazionali si sono fatti portavoce della protesta, portata avanti direttamente dallo staff di una squadra spagnola, la più blasonata e dalle maglie di un candido e puro colore: il Real Madrid.
Ora che abbiamo svelato il peccato, e perfino il peccatore, sembra superfluo specificare che l'oggetto del "j'accuse" dei blancos non siano certo né l'Almeria, né l'Hercules di Alicante, bensì gli avversari storici (e attuali) della squadra considerata vicina a Re Juan Carlos: tra tutte, FC Barcellona e Valencia (attualmente, al primo e al terzo posto del più importante campionato spagnolo). Naturalmente, se l'accusa di doping investe il club catalano, è logica conseguenza supporre che perfino i successi della Nazionale spagnola, costituita da una folta schiera di atleti blaugrana, siano macchiati da un sospetto che, nel mondo dello sport odierno, troppo spesso viene utilizzato per lanciare insinuazioni e destabilizzare l'ambiente.
L'analisi dei fatti non si addentrerà certamente nell'aspetto normativo: in altri articoli già pubblicati dalla nostra testata si fa riferimento al regolamento internazionale antidoping del CIO e della WADA. D'altro canto, la legislazione spagnola, in merito, ha più volte dimostrato i suoi limiti e le sue contraddizioni. Anche l'opinione pubblica spagnola pare schierarsi in un modo o nell'altro a seconda che ad essere investiti dalle accuse siano i propri beniamini o gli avversari. Occorre precisare che nessuno qui sta prendendo le difese di una o dell'altra parte: il doping va perseguito, sempre, costantemente e con ogni mezzo.
Ciò che preme sottolineare, semmai, è l'inquietante analogia con quanto successe in anni non sospetti in Italia, dove dalle accuse di una malcelata "gola profonda" si arrivò ad istituire un'indagine ed un conseguente processo - assolutamente legittimi, per carità - ma basati non tanto sull'individuazione, nell'intero ambiente calcistico, dei colpevoli di un reato, quanto sulla ricerca di prove per mettere una sola società prestabilita con le spalle al muro. La società, in quel caso risalente all'ormai lontano 1997, era la Juventus; sappiamo poi dove ha portato il procedimento penale a carico degli imputati Agricola e Giraudo: senza dubbio non alla tanto sbandierata certezza di un reato di frode sportiva, ma a un lungo periodo di dibattimenti, udienze snervanti, interrogatori, alternati a gravi insinuazioni, da parte degli addetti ai lavori e dei mass-media, con accuse per lo più infondate al club torinese. Evitiamo di descrivere per l'ennesima volta i fatti di 15 anni fa, conclusisi con assoluzione finale e definitiva per il capo d'accusa principale.
Si può affermare senza tema di smentita che quelle vicende costituirono l'elemento fondante del sentimento popolare antijuventino in Italia: un'accusa forte, recepita da tutti non più come una serie di fantomatici e indimostrabili favori arbitrali, ma come una macchia indelebile nella storia dei bianconeri. Gli strascichi non furono da meno: chi non ricorda le vicende del video della flebo di Cannavaro ai tempi del Parma, ma trasmesso da mamma RAI quando il giocatore militava nella Juve? O le più recenti vicende della puntura d'ape, sempre del "dopato" Cannavaro Fabio, con tanto di sentenza del Tas di Losanna (omessa dalla maggior parte dei giornali) a dare ragione, ancora una volta, allo staff medico bianconero? E siccome "tutto fa brodo", mescoliamo un paio di accuse di associazione a delinquere, mettiamo in piedi un'indagine monocromatica (bianconera) su intercettazioni telefoniche e diamole in mano a qualche quotidiano a caso...et voilà, ecco il sentimento popolare già pronto da servire, un bel pacco regalo da inserire nell'apposita fessura sul retro!
Anche in Italia, come sta succedendo oggi in Spagna, fu un personaggio all'interno del mondo del calcio a parlare per primo; e senza riferirsi ad un'abitudine fraudolenta in generale, ma a ben determinati giocatori, che vestivano una maglia non casuale. Perché deve essere un addetto ai lavori a denunciare questi fatti? Chi parla pare che conosca determinate condotte... Quindi, delle due, l'una: o qualcuno ha fatto la spia, o vive nella medesima realtà. Lo stesso Zeman, per esempio, ammise che nelle squadre romane da lui allenate si faceva abuso di farmaci, come confermarono gli ex laziali Negro e Favalli, ma nessuno si prese la briga di aprire un fascicolo di indagine a carico delle squadre coinvolte.
Viene inoltre da chiedersi: perché un individuo, sottoposto alla stessa rete di controlli e norme degli altri soggetti, deve attaccare una società in particolare? Sarebbe il caso di protestare con la propria Federazione, magari per la difformità nell'applicazione delle leggi, o con lo Stato, per la mancanza di norme più rigide. Invece no, o non solo, e la scelta non è casuale.
Il Barcellona sta vivendo un momento magico: viene da anni di vittorie, sotto la guida di Guardiola e grazie a testa e piedi di gente del calibro di Messi e Iniesta; quest'anno ha il miglior attacco e la miglior difesa del campionato, fornisce dimostrazioni di superiorità tecnica schiacciante praticamente in ogni match, è primo in classifica, è considerato da tutti la squadra più forte del mondo... Forse una società come il Real Madrid, che manca gli appuntamenti più importanti ormai da alcuni anni, non vede di buon occhio l'ascesa costante del nemico catalano, forse si vede schiacciare da una forza talmente irraggiungibile, da sentirsi annichilito. E invece di tirar fuori le unghie sul campo, preferisce utilizzare le carte, quelle delle procure e quelle dei giornali "amici". Uno schema non dissimile da quello che si vide in Italia e che culminò, come tutti sappiamo, tra mille peripezie e tentativi più o meno riusciti, in quell'estate di cinque anni fa.
Società deboli o in declino che, per far fronte alle loro mancanze tecniche e strategiche, mettono in piedi ogni sistema possibile, più o meno lecito, per minare dall'esterno i club più solidi e capaci. Forse è solo un'abile mossa psicologica, "alla Mourinho", vien da dire. Tenere lontane le critiche dei giornalisti e dei tifosi, rafforzando l'unità di intenti remando contro un nemico comune, ma distogliendo lo sguardo dai reali problemi interni. Questione di strategie. E sembrano pure funzionare (basti pensare a cosa sia riuscito a fare l'allenatore di Setubal nella stagione 2009-2010 alla guida dell'Internazionale).
Anche i giornali recitano la loro parte: devono vendere più copie possibili e questi avvenimenti sono come manna dal cielo. Quando poi una squadra risulta essere un po' antipatica, specie ad alcune testate, i titoli si sprecano.
Bisognerebbe però fare più attenzione con le parole. Vincere uno scudetto utilizzando una lingua tagliente e velenosa ci può stare, ma a volte le conseguenze sono incontrollabili. Finché si parla di dichiarazioni pour parler o di decisioni arbitrali favorevoli, poco importa, tutto passa e tutto si compensa (l'Italia va controcorrente: Turone e Ronaldo continuano a spopolare negli incubi di molti tifosi...), ma accuse simili sporcano in eterno il prestigio di un club, devastandone il blasone come un male incurabile, ancor più quando i sospetti si rivelano infondati. Se certo di essere un club pulito, il Barcellona farebbe bene a studiare il "caso Juve", per evitarsi guai ben più grossi tra qualche anno. E sarebbe una lezione di democrazia per l'Italia se ora la Federazione spagnola e le procure iberiche si muovessero per cercare nelle sedi di tutti i club calcistici le prove di tali insinuazioni, senza escludere quelle rappresentate da accusatori, pentiti o mistificatori.
Cosa c'è di peggio, per un innocente, dell'essere considerato criminale e veder beatificati i veri carnefici?
Cornuti e mazziati.
Anche in questo, Juventus docet...
Calcio spagnolo nella bufera: doping o nascita di un 'sentimento popolare'?
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