Al Procuratore Federale Dott. Stefano PALAZZI
e p.c. Presidente FIGC Dott. Giancarlo ABETE
Capo Ufficio Indagini FIGC Dott. Francesco Saverio BORRELLI
Presidente CO.VI.SO.C Dott. Cesare BISONI
LETTERA APERTA
La nostra associazione, pur nei momenti di polemica anche aspra verso le istituzioni sportive e le testate giornalistiche, ha sempre tenuto un profilo di rispetto verso entrambe, considerandole comunque delle figure istituzionali verso cui canalizzare le nostre istanze. Ciò peraltro non può esimerci dal rilevare quelle che a nostro avviso sono delle condotte non condivisibili. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare entrambe affinché non si registrino più processi sportivi a due velocità e giudizi con due pesi e due misure. Giova forse ricordare un episodio, a nostro avviso di estrema gravità in quanto produttivo di un condizionamento dell’intero campionato in cui si verificò, quello relativo al caso del passaporto del calciatore Recoba, la cui indebita utilizzazione da parte della società di appartenenza alterò il regolare svolgimento di tutte le gare cui prese parte, nonché il regolare svolgimento della concorrenza, sottraendo il giocatore al mercato con l’espediente della sua truffaldina nazionalizzazione. Il caso si presentava abbastanza semplicemente agli occhi della giustizia sportiva, poiché il passaporto incriminato risultava apparentemente rilasciato dalla Questura di Roma e la residenza del calciatore era indicata in Roma, mentre dalle carte del giudice sportivo si evinceva che il giocatore mai aveva risieduto in Roma e mai la Questura di Roma aveva rilasciato quel passaporto. Nonostante l’accertamento fosse già in atti in modo incontrovertibile, lo stesso giudice poneva a fondamento della sua pronuncia questa premessa che si riporta integralmente: L’esame del merito richiede una premessa in ordine all’oggetto dell’accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l’autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al Giudice penale. In sostanza declinava, perlomeno in quella fase, di valutare integralmente il fatto, ossia la responsabilità del giocatore, dei dirigenti e della società per la contraffazione del documento, ripiegando sull’uso dello stesso al fine di ottenere una regolarizzazione, che non era giustificata, conclusione cui giungeva sulla base delle dichiarazioni dello stesso giocatore. Per tale autolimitante via, il giudice sportivo giungeva alla determinazione di sanzioni modestissime nei confronti della società di appartenenza. Logica e diritto vorrebbero che, con quella premessa poco comprensibile in ragione della semplicità dell’accertamento, esauritosi l’iter penale, il giudice sportivo non si sottraesse ancora ad una valutazione integrale dei fatti: vi fu concorso del giocatore, dei dirigenti e della società nella contraffazione dell’atto pubblico ? Non ci risulta che una tale iniziativa sia stata mai presa dagli organi della giustizia sportiva. Se così stanno le cose, non si trattò di una momentanea e motivata autolimitazione, ma di una definitiva scelta di giudizio minorato. Inutile ricordare i diversi criteri adottati quando si trattò di giudicare il ben più complesso caso della Juventus, anch’esso oggetto di indagine penale della Procura della Repubblica di Napoli: nessuna premessa venne posta al giudizio, nessuna ragione di prudenza sembrò sfiorare il giudice in ossequio dei concomitanti accertamenti penali; anzi, non si attese neppure la richiesta di rinvio a giudizio in sede penale e si valutò l’integrità della materia processuale, giungendo alla conclusione che vi era stato condizionamento del campionato senza – a differenza che nel caso Recoba – condizionamento di alcuna partita. Le sanzioni inflitte sono note, così come la fretta nell’emetterle sotto il condizionamento del così detto sentimento popolare. Passato il furore dell’agosto del 2006, notiamo un atteggiamento della stampa, di quella sportiva in particolare, più propenso a nascondere la polvere sotto al tappeto piuttosto che a continuare l’opera di moralizzazione a suo tempo intrapresa con tanto zelo. Abbiamo registrato l’archiviazione dei casi di spionaggio ai danni di tesserati, ma ovviamente nulla abbiamo da dire fin quando non se ne conosceranno le motivazioni. L’agenda invece ora propone il caso dei bilanci aggiustati, in un caso finalizzati alla indebita iscrizione al campionato di serie A. Caso, se riscontrato, di estrema gravità, in quanto idoneo a determinare un condizionamento dell’intero campionato attraverso il condizionamento di tutte le partite giocate indebitamente dalla squadra che dovesse risultare iscritta in modo truffaldino. Il caso si propone in concomitanza della stagione delle iscrizioni al prossimo campionato e della correlativa presentazione dei bilanci al vaglio della COVISOC. Ci interroghiamo quindi se la giustizia sportiva si atterrà al criterio autolimitante del caso Recoba, come sopra si è sommariamente esposto, oppure se intenderà dare una piena valutazione ai casi sottoposti al suo esame. Nell’uno e nell’altro caso manderà un robusto segnale alla COVISOC per il da farsi in vista del prossimo campionato. Questione di non poco momento, poiché la stampa specializzata ha ripetutamente segnalato – a differenza di quella sportiva – come la materia dei bilanci delle società di calcio sia ormai divenuta una mina vagante: a fronte di società che fanno fronte alla situazione con aumenti di capitale, altre scelgono la via della modifica degli assetti societari. Non sta a noi stabilire se tali interventi di ingegneria societaria possiedano capacità taumaturgiche, oppure se si risolvano in tutto o in parte in una esternalizzazione del passivo in attesi di tempi migliori. Se così fosse, avremmo per l’immediato la possibilità di un campionato falsato dall’alterazione della concorrenza e per il futuro un pericolo finanziario per il sistema. In attesa di portare i libri in Tribunale o di pietire un altro decreto salvacalcio. Salvacalcio ?
e p.c. Presidente FIGC Dott. Giancarlo ABETE
Capo Ufficio Indagini FIGC Dott. Francesco Saverio BORRELLI
Presidente CO.VI.SO.C Dott. Cesare BISONI
LETTERA APERTA
La nostra associazione, pur nei momenti di polemica anche aspra verso le istituzioni sportive e le testate giornalistiche, ha sempre tenuto un profilo di rispetto verso entrambe, considerandole comunque delle figure istituzionali verso cui canalizzare le nostre istanze. Ciò peraltro non può esimerci dal rilevare quelle che a nostro avviso sono delle condotte non condivisibili. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare entrambe affinché non si registrino più processi sportivi a due velocità e giudizi con due pesi e due misure. Giova forse ricordare un episodio, a nostro avviso di estrema gravità in quanto produttivo di un condizionamento dell’intero campionato in cui si verificò, quello relativo al caso del passaporto del calciatore Recoba, la cui indebita utilizzazione da parte della società di appartenenza alterò il regolare svolgimento di tutte le gare cui prese parte, nonché il regolare svolgimento della concorrenza, sottraendo il giocatore al mercato con l’espediente della sua truffaldina nazionalizzazione. Il caso si presentava abbastanza semplicemente agli occhi della giustizia sportiva, poiché il passaporto incriminato risultava apparentemente rilasciato dalla Questura di Roma e la residenza del calciatore era indicata in Roma, mentre dalle carte del giudice sportivo si evinceva che il giocatore mai aveva risieduto in Roma e mai la Questura di Roma aveva rilasciato quel passaporto. Nonostante l’accertamento fosse già in atti in modo incontrovertibile, lo stesso giudice poneva a fondamento della sua pronuncia questa premessa che si riporta integralmente: L’esame del merito richiede una premessa in ordine all’oggetto dell’accertamento demandato a questa Commissione, che non può riguardare direttamente l’autenticità, ovvero la contraffazione del passaporto italiano del calciatore Recoba Rivero Alvaro apparentemente emesso dalla Questura di Roma il 9 novembre 1998, essendo tale materia ovviamente riservata al Giudice penale. In sostanza declinava, perlomeno in quella fase, di valutare integralmente il fatto, ossia la responsabilità del giocatore, dei dirigenti e della società per la contraffazione del documento, ripiegando sull’uso dello stesso al fine di ottenere una regolarizzazione, che non era giustificata, conclusione cui giungeva sulla base delle dichiarazioni dello stesso giocatore. Per tale autolimitante via, il giudice sportivo giungeva alla determinazione di sanzioni modestissime nei confronti della società di appartenenza. Logica e diritto vorrebbero che, con quella premessa poco comprensibile in ragione della semplicità dell’accertamento, esauritosi l’iter penale, il giudice sportivo non si sottraesse ancora ad una valutazione integrale dei fatti: vi fu concorso del giocatore, dei dirigenti e della società nella contraffazione dell’atto pubblico ? Non ci risulta che una tale iniziativa sia stata mai presa dagli organi della giustizia sportiva. Se così stanno le cose, non si trattò di una momentanea e motivata autolimitazione, ma di una definitiva scelta di giudizio minorato. Inutile ricordare i diversi criteri adottati quando si trattò di giudicare il ben più complesso caso della Juventus, anch’esso oggetto di indagine penale della Procura della Repubblica di Napoli: nessuna premessa venne posta al giudizio, nessuna ragione di prudenza sembrò sfiorare il giudice in ossequio dei concomitanti accertamenti penali; anzi, non si attese neppure la richiesta di rinvio a giudizio in sede penale e si valutò l’integrità della materia processuale, giungendo alla conclusione che vi era stato condizionamento del campionato senza – a differenza che nel caso Recoba – condizionamento di alcuna partita. Le sanzioni inflitte sono note, così come la fretta nell’emetterle sotto il condizionamento del così detto sentimento popolare. Passato il furore dell’agosto del 2006, notiamo un atteggiamento della stampa, di quella sportiva in particolare, più propenso a nascondere la polvere sotto al tappeto piuttosto che a continuare l’opera di moralizzazione a suo tempo intrapresa con tanto zelo. Abbiamo registrato l’archiviazione dei casi di spionaggio ai danni di tesserati, ma ovviamente nulla abbiamo da dire fin quando non se ne conosceranno le motivazioni. L’agenda invece ora propone il caso dei bilanci aggiustati, in un caso finalizzati alla indebita iscrizione al campionato di serie A. Caso, se riscontrato, di estrema gravità, in quanto idoneo a determinare un condizionamento dell’intero campionato attraverso il condizionamento di tutte le partite giocate indebitamente dalla squadra che dovesse risultare iscritta in modo truffaldino. Il caso si propone in concomitanza della stagione delle iscrizioni al prossimo campionato e della correlativa presentazione dei bilanci al vaglio della COVISOC. Ci interroghiamo quindi se la giustizia sportiva si atterrà al criterio autolimitante del caso Recoba, come sopra si è sommariamente esposto, oppure se intenderà dare una piena valutazione ai casi sottoposti al suo esame. Nell’uno e nell’altro caso manderà un robusto segnale alla COVISOC per il da farsi in vista del prossimo campionato. Questione di non poco momento, poiché la stampa specializzata ha ripetutamente segnalato – a differenza di quella sportiva – come la materia dei bilanci delle società di calcio sia ormai divenuta una mina vagante: a fronte di società che fanno fronte alla situazione con aumenti di capitale, altre scelgono la via della modifica degli assetti societari. Non sta a noi stabilire se tali interventi di ingegneria societaria possiedano capacità taumaturgiche, oppure se si risolvano in tutto o in parte in una esternalizzazione del passivo in attesi di tempi migliori. Se così fosse, avremmo per l’immediato la possibilità di un campionato falsato dall’alterazione della concorrenza e per il futuro un pericolo finanziario per il sistema. In attesa di portare i libri in Tribunale o di pietire un altro decreto salvacalcio. Salvacalcio ?